Emotions
Analisi
testuale e le strutture profonde della cultura
Come è già stato evidenziato da Hobbes e da Hume, gli esseri umani,
intrisi di pulsioni elementari e di interessi specifici,
assumono dalla società una serie di strutture normative
che interiorizzano come modelli di orientamento e aspettative; in questo processo
gli individui cercano di adattare gli elementi originari con quanto interiorizzato,
rielaborando forme di percezione del reale e di intervento attraverso nuovi
e tradizionali miti, valori, fedi, motivazioni, passioni e costruzioni razionali.
Quanto più questa dinamica viene messa in evidenza tanto più è
possibile andare a fondo alle radici della cultura e della società
nelle varie fasi della sua evoluzione. Perciò la ricostruzione e la comprensione
della rappresentazione degli stati mentali in un testo o in una serie rappresentativa
di testi permettono una conoscenza degli aspetti più profondi della scrittura
di un autore e di una determinata cultura. A tal fine ci si avvale dell'analisi
critica di testi (narrativa, teatro, poesia, critica letteraria, opere morali
e filosofiche, diari, saggi politici, documenti processuali) e di materiale
iconografico (stampe, incisioni, dipinti, immagini nei templi) appartenenti
alla tradizione cinese e a quella di altri paesi dell'Asia Orientale.
Lo studio della rappresentazione delle emozioni sulla base dall’analisi
testuale, parte dall’ipotesi che il linguaggio possieda una
organizzazione relativamente coerente dei concetti a livello cognitivo
pur non essendo isomorfo all’esperienza emotiva, in quanto prevalentemente
si serve di strumenti utili alla comunicazione quotidiana. Altra ipotesi è
che la dimensione emotiva dell'uomo è “costruita” sugli elementi
simbolici, razionali e etici forniti dalla cultura ambientale.
Inoltre gli elementi fondamentali di una cultura sono strettamente connessi
con l’assetto sociale e culturale, nel senso che esiste una interrelazione
fra elaborazione razionale dei sistemi ideologici, etici e politici, e relative
forme istituzionali, da un lato, e il complesso di simboli, miti, prodotti dell’immaginario
e codici delle emozioni, che la società viene di volta in volta elaborando,
dall’altro.
La manifestazione e la rappresentazione delle emozioni, le forme dei miti e
delle rappresentazioni simboliche, sebbene facciano parte della coscienza interiore,
sono anche un "fenomeno sociale", non solo perché
influenzano la vita collettiva, in campo economico come in quello politico,
ma soprattutto perché sono esse stesse la base di un sistema di comunicazione
interpersonale.
Non esiste però una definizione univoca di ciò che si debba intendere
per emozione, né nell’ambito psicologico, né in quello semantico,
e questo vale anche per i termini più elementari, a partire dalla nozione
di emozione, e non esiste una corrispondenza fra i contenuti semantici di termini
emotivi equivalenti in diverse lingue.
Per risolvere in maniera costruttiva queste contraddizioni, si è proceduto
alla creazione di un sistema tassonomico dei termini, basato sull’esperienza
di lavoro e sui lessici precedentemente preparati, che tenga conto delle nozioni
prevalenti nella tradizione occidentale e in quella cinese. L’ambito del
lessico è stato definito in senso ampio, a partire dalla riflessione
di Foss e Ortony, Clore, includendo oltre ai tutti i termini che si riferiscono
direttamente alle emozioni, anche quelli che indirettamente fanno ad esse riferimento
o allusione, come le parole che si riferiscono alle manifestazioni di emozioni;
ai gesti convenzionali di natura emotiva; alle disposizioni caratteriali; alle
cosiddette espressioni causative; alle sensazioni fisiche; a epiteti ed appellativi;
a stati oggettivi in cui si presume possa aver luogo un’emozione; a interiezioni
o a espressioni onomatopeiche; ai termini generici relativi al mondo affettivo.
Inoltre si ispira al modello categoriale di Eleonor Rosch (che si rifà
al concetto di Familienähnlichkeit, “somiglianza di famiglia”
di Ludwig Wittgenstein),1 in sistemi categoriali bidimensionali, una dimensione
verticale riguardante la relazione gerarchica tra categorie, e una orizzontale
riguardante la distinzione tra categorie allo stesso livello di inclusività.
Le emozioni infatti sembrano organizzate orizzontalmente in categorie dai confini
sfumati, composte da membri accomunati da una "somiglianza di famiglia"
con l’elemento centrale più tipico (il prototipo), e verticalmente
su vari livelli, che permettano distinzioni e inclusività con diverso
grado di approssimazione e di generalità.
Ovviamente l’elemento centrale del modello è costituito dalle parole
che indicano direttamente una emozione e uno stato d’animo. Il momento
del flusso della coscienza che viene selezionato ed etichettato dallo scrittore
corrisponde a quei termini che sono definiti emotivi in senso stretto. Queste
parole sono state ordinate in un numero definito di categorie, delle ‘famiglie’
che comprendono esperienze affini intorno ad un elemento centrale tipico.
Alcuni gruppi lessicali presentano una struttura prototipica, altri presentano
frequenti zone di sovrapposizione, in quanto l’area semantica a cui appartengono
non corrisponde a quella della lingua inglese, ma comunque trovano una loro
collocazione nell’ambito di una ‘famiglia’ generata secondo
il modello della somiglianza. La categorizzazione in ‘famiglie’,
gerarchicamente più ampio di quello della singola emozione o del singolo
stato d’animo, permette di creare un contenitore più capiente e
generale, e di superare alcuni problemi relativi sia all’ambiguità
di certi termini emotivi a seconda del contesto in cui vengono usati, sia alla
differenza semantica esistente fra due termini “equivalenti” in
due lingue differenti (vedasi per esempio Wierzbicka). Da qui la necessità
di creare una categorizzazione che desse origine a riferimenti esterni alla
lingua di origine e a quella inglese. Il livello delle ‘famiglie’
“permette di fare distinzioni più precise rispetto ai concetti
superordinati di classi, pur senza essere troppo dettagliato, offrendo quindi
un buon compromesso tra informatività ed economia cognitiva; allo stesso
tempo circoscrive la specifica esperienza o descrizione del testo in un ambito
più generale.2 Il terzo livello raggruppa le categorie di classi sotto
complessi affettivi ampi che sono stati individuati facendo riferimento sia
alla tradizione cinese classica sia a diversi studi di psicologia.3
Ogni classificazione quindi passa attraverso un triplice inquadramento del termine
analizzato, su tre diversi livelli gerarchicamente organizzati: oltre al termine
specifico e al suo equivalente in inglese (primo livello), la famiglia di emozioni
(livello intermedio) – se si tratta di emozione specifica – e la
classe emotiva o di stato mentale (terzo livello).
Sulla base di questo modello descrittivo è stato costruito un database
relazionale che ordinasse i dati raccolti. Il database mette in relazione le
categorie emotive con le tipologie dei termini su descritte. Per esempio un
termine che etichetta un emozione viene archiviato come “emozione”
e viene collegato all’elenco di categorie emotive preventivamente definite.
Note
1. Si veda anche Gregory Murphy and Mary Lassaline, “Hierarchical structure
in concepts and the basic level of categorization”, in Koen Lamberts ,
David R. Shanks, eds., Knowledge, Concepts and Categories, Psychology Press,
1997, pp. 93-132.
2. Il criterio gerarchico è usato da vari psicologi, come nel caso delle
ricerche di Vanda Lucia Zammuner, che tuttavia seguono altre valutazioni. Nelle
loro conclusioni, risulta che “al livello basico è
possibile individuare dieci grossi raggruppamenti, denominati gioia, amore,
calma, compassione, ansia, noia, tristezza, sorpresa, paura e rabbia; al livello
superordinato la gioia da un lato e la rabbia dall’altro si contrappongono
a tutte le altre emozioni, distinte tra loro ad un livello più basso
in tre grandi gruppi: amore, calma e compassione, distinti da ansia noia e tristezza
da un lato, e sorpresa e paura dall’altro; al livello subordinato
infine si trovano 28 raggruppamenti, che evidenziano affinità
di natura più specifica tra le emozioni - per es., esultanza, euforia,
entusiasmo, esaltazione, trionfo; imbarazzo, vergogna, timidezza, disagio; gelosia,
invidia; indignazione, sdegno, disprezzo; collera, rabbia, furia, rancore, vendetta,
odio”. Vedasi Vanda Lucia Zammuner “La categorizzazione dei termini
emotivi nel lessico italiano”, [on line] http://www.elombu.com/aip/sperimen/sperimenp14.htm
.
3. Numerose ricerche studiano la capacità emotiva del linguaggio, analizzando
i termini e le etichette linguistiche attinenti alle emozioni (o a situazioni
verosimilmente emotigene). Il tentativo di Davitz (Davitz, J.R. The communicaton
of emotional meaning. New York: McGraw-Hill, 1964), ad esempio, evidenzia, a
partire da una analisi di 400 termini affettivi, che la struttura emotiva del
linguaggio è organizzata in 4 fattori: 1) attivazione; 2) relazione con
l'ambiente; 3) piacevolezza/spiacevolezza; 4) senso di adeguatezza verso l'ambiente.
Nowlis e Nowlis (Nowlis, V., Nowlis, H.H. “The description and analysis
of mood”, Annals of the New York Academy of Sciences, 1956 (65), pp.345-355)
hanno invece trovato 4 dimensioni principali a partire da una analisi attuata
in diverse situazioni emotive: 1) livello di attivazione; 2) livello di controllo;
3) orientamento sociale; 4) piacevolezza/spiacevolezza. Successivamente, gli
autori hanno rilevato 8 fattori principali: 1) concentrazione; 2) aggressività;
3) piacevolezza; 4) attivazione; 5) egocentrismo; 6) affetti sociali; 7) depressione;
8) ansia. Watson e Tellengen (Watson D., Tellengen A., “Toward a consensual
structure of mood”, Psychological Bullettin, 98 (1985), pp.219-235) studiando
le numerose ricerche nel settore hanno rilevando che l'elemento comune ed indipendente
delle condizioni sperimentali era il fattore "positivo-negativo".
Russel (Russel J.A., “A circumplex model of affect”, Journal of
Personality and Social Psychology, 39 (1980), pp.1161-1178), evidenzia, nel
suo modello circomplesso, che i vari termini emozionali si situano in un piano
cartesiano avente per assi la "piacevolezza" e la "attivazione".
Senza sottovalutare gli innegabili contributi che questi studi si è comunque
preferito non ricalcare categorizzazioni nate dall’analisi su termini
di altre lingue.